
A Mantova il sito di interesse nazionale di bonifica denominato Laghi di Mantova e Polo Chimico si sviluppa su tre chilometri quadrati e mezzo: più o meno la superficie del centro storico cittadino. A partire dal 1957su quel polo industriale collocato a poca distanza dai due laghi mantovani Mezzo e Inferiore e dal centro città, furono avviati quattro cicli produttivi integrati: cracking, cloro-soda, stirenici, intermedi per fibre e per detergenza. Oggi, dopo oltre 60 anni, è arrivato il momento di bonificare le diverse aree; tra queste quella denominata Cratere, posta all’interno della più ampia zona Collina. Qui il progetto di bonifica del sito prevede lavori di scavo e smaltimento di materiali contaminati da idrocarburi, composti aromatici e mercurio. Su una parte dei 19 ettari dell’area, sta lavorando Ambienthesis, società specializzata in attività di bonifica e risanamento ambientale; vi collaborano l’impresa di costruzioni Marini Ermenegildo e la società di progettazione Pro Iter – Progetto Infrastrutture Territorio.
Rimuovere circa 100 mila metri cubi di materiale inquinato
L’area Cratere in origine era una vecchia cava di stabilimento, riempita di scarti di lavorazioni industriali. Questi vengono estratti e analizzati da Ambienthesis, per poi conferirli agli impianti autorizzati e ripristinare l’area nelle condizioni precedenti. Si tratta di depositi di natura idrocarburica, in combinazione con alcuni metalli, frutto di scarti di lavorazione. In totale, circa 100mila metri cubi di materiale inquinato. Data la profondità e le difficili condizioni ambientali in cui si opera, la superficie del lotto è stata organizzata e suddivisa in 57 celle di 15×15 metri. Una sorta di grande scacchiera confinata con il sistema Combiwall: un’alternanza di elementi tubolari in acciaio e palancole, infissi nel suolo a una profondità variabile tra i 13,50 e 18,50 metri. Una scacchiera che cella dopo cella viene svuotata e, dopo il collaudo da parte di Arpa, riempita di terreno pulito.
Per sicurezza due escavatori vengono comandati in remoto
Per rendere possibile la rimozione dei materiali, evitando le emissioni in atmosfera, è stata allestita una tendostruttura reticolare di 20 metri per 15 dove l’aria viene ricambiata quattro volte all’ora e trattata da un impianto di filtrazione a carboni attivi. Si procede tre celle alla volta e man mano che si avanza la tendostruttura viene spostata sulle celle successive. Per garantire la massima sicurezza e la minima esposizione del personale, all’interno dello spazio confinato lavorano due escavatori comandati da remoto e dotati di sensori di esplosività, allo scopo di prevenire il rischio in presenza di benzene. Non conoscendo la consistenza dei materiali di scavo, questo lento e sistematico lavoro richiederà 5 anni.
Macchine kiloutou per montare le tendostrutture
Le tendostrutture sono state montate in due fasi: la prima la scorsa estate, la seconda tra febbraio e marzo di quest’anno. Per il montaggio degli elementi verticali e delle arcate dei capannoni sono stati utilizzati una piattaforma articolata JLG 520AJ e un sollevatore telescopico Merlo Roto 45.21 MCSS con gancio e forche, entrambi a quattro ruote motrici viste le condizioni del terreno. Per i fissaggi in quota di canaline e telecamere e per l’allestimento dei teli di copertura, invece, sono state impiegate due piattaforme Haulotte: l’articolata HA 18SPX e la verticale Compact 12 DX. Ad affiancarle nel lavoro sono state una gru cingolata Liebherr e un sollevatore telescopico Manitou.
